Uomo
ironico, dai modi pacati e dal buon gusto nel vestire, il
Giudice Baudi è risultato preziosissimo per discrticare
alcuni nodi prettamente giurisprudenziali. Il suo contributo
a questo lavoro, il più corposo dal punto di vista
quantitativo, è stato la conferma della tesi che qui si
sostiene, ed ha più volte rimarcato la insufficienza delle
norme vigenti in materia.
D.: Lei è a conoscenza della normativa che in questo
momento regola il sistema radiotelevisivo?
R.:
Sì
D.:
Conosce, nello specifico quella parte, art. 10, comma
3, che concerne il divieto di trasmissioni dei messaggi
subliminali?
R.:
Sì, l’ho richiamato anche nella pubblicazione, (Esoterismi
del XX secolo, ed. segno di G. Cosco)
D.:
Ritiene che sia esaustivo del problema?
R.:
Non è esaustivo ma è un punto di partenza
necessario. S’ispira alla normativa europea, che intende
attuare.
D.:
Il problema sollevato con i messaggi subliminali è
giustificato nell’ambito della tutela della vita o attiene
squisitamente, in quanto comunicazione, al campo della
libertà di manifestazione del pensiero?
R.:
Non è circoscritto soltanto alla libertà di
manifestazione del pensiero. Investe, secondo me, il campo
della salute.
D.:
Secondo lei, quindi ci sono gli estremi per
agganciare (la legislazione, N.d.A.) ad un valore superiore
alla libertà di manifestazione del pensiero?
R.:
Sì. Non soltanto un problema di pubblicità di
correttezza di comunicazione in senso ampio, quindi di
messaggio in quanto tale. Il divieto trascende la
radiotelevisione, trascende la pubblicità.
D.:
Nell’attuale normativa ritiene si possa riconoscere il
carattere di nocività del messaggio subliminale,
indipendentemente dal carattere del contenuto?
R.:
Vorrei
chiarire un aspetto fondamentale dei messaggi subliminali.
Ci possono essere dei messaggi di questo tipo (che però in
realtà hanno importanti differenze) ad effetto benefico, ad
esempio nei riguardi di persone in stato d’incoscienza, in
coma di terzo grado. L’uso di parole, magari con la voce
della madre, può richiamare alla vita. Ma uso questo
parallelismo soltanto per capire che non è un fenomeno
analogo. Perché questo tipo di messaggi non sono subliminali, se non nell’effetto. Dimostrano che anche se
la coscienza non c’è le parole, il messaggio arriva a
bersaglio. Però, in radice non è un messaggio subliminale.
E’ un messaggio che ha uno scopo benefico, ma che è tale
nel mezzo. Perché non è nascosto: è esplicito.
D.:
(dopo
un veloce riassunto dei punti fondamentali
dell’impalcatura logica della tesi) Cosa pensa
dell’ossatura della tesi? Ritiene possa avere il crisma
della validità?
R.:
Stiamo parlando di eventi. Di eventi particolari. Di
eventi che condizionano determinati comportamenti. Che
orientano l’agire. E che però orientano l’agire in
quanto condizionano la psiche. Quindi dobbiamo distinguere
un risultato psichico dal comportamento indotto che ne
deriva. Andiamo a monte: abbiamo di fronte un evento,
dicevo. Qual è la causa di questo evento? Il messaggio
subliminale. E’ un comportamento pericoloso: ci sono
almeno due riferimenti normativi a riguardo: la legge sulle
televisioni e la legge sulla pubblicità ingannevole. Che in
pratica recepiscono in Italia quello che è ormai un dettato
europeo. Probabilmente l’hanno recepito senza nemmeno
approfondire gli aspetti…
D.:
Io
credo che non abbiano nemmeno discusso in Parlamento il
problema: la forma stessa della frase non lascia dubbi.
R.:
Esatto:
è stato riprodotto il testo europeo. Allora diciamo a che a
livello legislativo esistono due input in materia speciale,
radiotelevisione e pubblicità, che vietano la condotta in sé,
a prescindere dal risultato, quasi che il risultato sia
assorbito nella pericolosità. In senso giuridico si
definisce un’anticipazione della soglia di punibilità.
Per cui l’evento, anziché essere individuato nel tipo,
viene considerato in re ipso, non viene nemmeno descritto nel tipo, si da per scontato
che sia un evento negativo, e si punisce la condotta in sé,
in quanto pericolosa.
D.:
Intende
il reato di istigazione ad agire?
R.:
Sì
D.:
Anche nel
caso il tipo di istigazione non induca a comportamenti
sanzionabili civilmente e/o penalmente?
R.:
Questo è un altro problema. Bisognerebbe vedere il contenuto.
Perché la ratio
del divieto potrebbe essere un contenuto lecito, al limite.
Ma a che fine usare il mezzo criptico, quando poi la
trasmissione palese ottiene lo stesso effetto? Se il mezzo
è lecito ed il risultato è benevolo, perché deve essere
(usato il mezzo, N.d.A.) vietato?
D.:
A riguardo
potrebbe esserci l’intenzione di inoculare il messaggio
affinché il destinatario non osteggi aprioristicamente ogni
informazione che proviene dalla stessa fonte. Il tutto fatto
con le migliori intenzioni…
R.:
Certamente,
possiamo pensare, riguardo all’effetto benevolo, che
comunque sia lesa la persona che ottiene un effetto senza
rendersene conto. Cioè il rispetto della coscienza. E’ un
valore di fondo: io debbo rendermi conto anche del bene
D.:
Nel
rispetto del libero arbitrio.
R.:
Sono libero anche di non fare il bene ma devo
accettarlo criticamente. Perché superare la soglia del
controllo critico rispetto anche all’effetto benefico? Però
io ritengo che alla base debba esserci sempre una soglia
preventiva per gli effetti malevoli, che giustifica il
divieto (di messaggi subliminali, N.d.A.).
D.:
Secondo il suo parere è qui che va posto
l’accento? Sulle conseguenze per la salute?
R.:
Comunque riguarda il tipo di effetti. Scavalca quella
che può essere la nocività del messaggio in quanto tale.
Cioè non è il problema formale: si vieta la pubblicità
subliminale perché ingannevole, perché si viola la
trasparenza. Penso che ci sia un effetto nocivo sostanziale.
Il divieto nasconda la violazione di interessi di matrice
sostanziale. Non è tanto un problema di trasparenza. E’
un problema di condizionamento della mente. In sé negativa.
D.:
E quindi di violazione del rispetto della psiche,
come lei diceva. La psiche è tutelata nell’ambito del
rispetto della vita. Rientra in questo complesso supremo di
valori.
R.:
I valori individuali non sono tali perché spettano
all’individuo. Sono i massimi valori generali. A cui
l’individuo stesso non può rinunciare. E’ quindi
generale il rispetto della vita, il rispetto della persona
in quanto tale. E tant’è che si travolge il nostro
codice. Il nostro codice tutela i beni personali
nell’ultima parte. Si capovolge il discorso. La riforma
del codice penale intende tutelare la persona innanzi tutto.
Come primo valore, la persona è alla base della società,
alla base dello stato. Il valore vita
D.:
E il valore salute?
R.:
Il valore vita è supremo, subito dopo, il valore
salute.
D.:
E subito dopo il valore della libertà di espressione
del pensiero.
R.:
Esistono dei valori costituzionali, ma non tutti i
valori costituzionali sono sullo stesso piano. La possibilità
di esternare liberamente il proprio pensiero è subordinata
ad altri valori, ad esso preminenti.
D.:
Quindi ci troviamo di fronte a due possibilità. O
esiste una gerarchia dei valori costituzionalmente protetti,
oppure alcuni sono preminenti rispetto ad altri. In questo
secondo caso può esservi una sorta di conflittualità.Nel
caso di una gerarchia, il problema di proibire una
determinata manifestazione del pensiero può incontrare
degli ostacoli nel momento in cui non è provata
sufficientemente la nocività di questi messaggi?
R.:
Innanzi tutto la normativa c’è. Allora dovremmo
porre il problema sotto duplice profilo. Qual è stata
l’intenzione del legislatore europeo, nel momento in cui a
posto questo divieto.
D.:
Il legislatore europeo ha proibito la pubblicità
subliminale. La norma italiana ha poi inteso tale divieto in
senso estensivo
R.:
D’accordo, sia pure delimitando il fenomeno. Però
la radice sta nella subliminalità. Nel divieto di ciò che
è subliminale. Può anche essere la materia pubblicitaria
che delimita la condizione, ma il fenomeno resta generale.
Anche se il divieto è legato ad aspetti economici e
commerciali. Però il problema è di ordine generale, e
bisogna capire, quindi, la ratio del legislatore e la base
scientifica del fenomeno. Che è difficile, perché… come
si riesce a comprendere il danno psichico. Pensiamo che il
danno psichico si sta studiando solo da un ventennio. Perché
stranamente noi siamo ancorati all’idea romana del
diritto. E si dimentica che la persona umana ha una base
immateriale. Il pensiero è immateriale, le manifestazioni
del pensiero sono segni materiali. Ad esempio, io dico pane.
Qui il pane non c’è ma intendo l’idea del pane.
L’idea è immateriale, e di qualsiasi cosa posso dire
questo. Si può pensare qualcosa che non esiste, si può
pensare l’impensabile. Di fronte alla realtà immateriale,
quindi al danno psichico, che è una categoria di recente
individuazione, pensiamo che non si parlava di danno
psichico se non al livello di danno morale La giurisprudenza
costituzionale e ordinaria di recente hanno detto che sono
due cose completamente diverse. Tant’è che il danno
morale è tutelato nei limiti in cui scaturisce da un reato,
il danno psichico c’è sempre. Tant’è che il danno
morale è il danno transe unte, la sofferenza che deriva da un evento, come può essere
la morte di un parente, il danno psichico, invece, ha delle
tracce. E’ una patologia ben precisa. Conseguenza il danno
morale ha una tutela limitata, che poi si patrimonializza
nel risarcimento. E' un danno sicuramente di radice non
patrimoniale. E' un danno morale, ma non è, non si
identifica col danno psichico. E’ una cosa ben diversa. Il
problema allora è: individuata la categoria del danno
psichico, che è autonoma e c’è sempre, come
quantificarlo, questo è il problema. Come misurare allora
il danno psichico? Ogni altro argomento sulle conseguenze
materiali, sui danni nella vita sentimentale o sessuale o
lavorativa riguardano espressamente l’ambito della
risarcibilità. Noi dobbiamo guardare la radice del
problema, come misurare il danno psichico. Nella sua
autonomia ci sono studi recenti di Jean Doon che esaminano
proprio il prezzo della pazzia… Come si determina
l’esistenza del danno psichico.
D.:
E il nodo è proprio questo. Nel momento in cui non
ci sono studi che individuano precisamente la lesività da
parte di questo tipo di messaggi, come si fa a scavalcare il
grosso handicap della incostituzionalità?
R.:
Facciamo un esempio banale. Io utilizzo una minaccia.
La minaccia viene percepita. La minaccia è punibile in sé,
in quanto comportamento idoneo a provocare un male sicuro ed
ingiusto. Non importa che il male minacciato si realizzi.
Conta l’espressione del male minacciato. Perché è chiaro
che la minaccia, anche se di pura condotta, realizza un
evento psichico: non ha senso minacciare se il minacciato
non percepisce.
D.:
Sì
R.:
La minaccia è tale in quanto venga percepita, quindi
c’è sicuramente un evento psichico. Questo evento merita
il risarcimento ed esiste. Come sia misurabile nessuno lo
sa. Perché? Mi sono posto questo problema: perché? Tutto
si riconduce alla condotta pericolosa. Si guarda
all’idoneità dell’espressione minacciosa che potrebbe
essere anche simbolica, anche un silenzio, anche uno sguardo
(la cosiddetta minaccia larvata) e quindi si neutralizza l’evento nella condotta
pericolosa. Sono andato alla ricerca di casi in cui ci sia
un evento psichico che venga ritenuto rilevante nella
fattispecie. Nella minaccia non c’è perché, abbiamo
detto, si punisce la
condotta minacciosa perché l’evento, il in
re ipse è punito
nell’ambito della minaccia: il 613 cod. civ.
D.:
Addirittura in questo articolo si cita esplicitamente
anche l’ipnosi.
R.:
Anche l’ipnosi, giusto. In questo caso è
individuato un evento: ridurre un soggetto in stato
d’incapacità di intendere e di volere. Però è un evento
macroscopico. Cioè un soggetto che prima era capace di
intendere e di volere ad un certo punto non lo è più.
D.:
Lei intende dire che è manifestamente individuabile.
R.:
Ecco. Quindi abbiamo una radice espressiva,
materiale, uno stato di incapacità che riusciamo a misurare
perché ha una sua sintomatologia, una sua espressività.
Addirittura macroscopica. E allora ecco il problema: noi non
riusciamo mai a dimostrare i fenomeni psichici in sé,
quindi nemmeno i danni psichici.
D.:
Quindi si può dire che esiste un precedente in
giurisprudenza?
R.:
Ma è un problema generale che è sempre esistito.
Come un giudice dimostra il dolo? Come dimostra la colpa?
Non esiste accesso mentale tale da poter dimostrare
direttamente l’esistenza del dolo, l’esistenza della
colpa. Ogni giudice si è sempre comportato così. Coglie il
dolo o la colpa dagli indizi. Cioè da segni esteriori. Il
dolo omicidiario usa una carabina: se io do uno sputo ad una
persona è chiaro che ‘sputo’ non è idoneo
‘uccidere’ perché la condotta non è idonea nemmeno a
ledere. Quindi, dalla condotta esteriore (l’uso della
minaccia ‘io ti ammazzo!’), l’uso del fucile, il bersaglio (la zona
attinta) sono tutti indizi da cui desumiamo l’esistenza di
un dolo. Abbiamo bisogno di dati materiali, di dati
esteriori, da cui desumere l’esistenza di una situazione
psichica. Perché non utilizzare lo stesso metodo per i
danni di tipo psichico che provengono da messaggi
subliminali? E’ difficile la prova perché è difficile
inquadrare il fenomeno. Ma intanto la condotta già ce
l’abbiamo, riusciamo ad individuarla tecnicamente. Se
riusciamo a trovare le tracce materiali del comportamento
indotto, attraverso le tracce materiali, indiziariamente
possiamo risalire a quello che ci manca, al dato psichico.
D.:
Quindi, questo lavoro di induzione è già accettato
in giurisprudenza?
R.:
Nella legge è un problema generale.
L’anticipazione della soglia di punibilità neutralizza il
problema dell’evento. Rispetto ai comportamenti
indotti, non la neutralizza perché il comportamento è
qualcosa in più. Ma se il comportamento indotto è omogeneo
alla condotta pericolosa e contiene dei segni di
trasformazione si può risalire all’evento, al danno,
psichico. Se io riesco ad individuare una serie di
consumatori che non hanno mai comprato un prodotto e… Il
caso del Denim è un caso di pubblicità subliminale. Se
riesco a dimostrare che il prodotto è acquistato in più da
persona che non l’avrebbero comprato, noi troviamo tracce
materiali di una situazione che altrimenti non ci sarebbe
stata.
D.:
Quindi, il lavoro di induzione della nocività di un
messaggio subliminale è già strutturalmente contenuto in
altri ambiti come la minaccia, la violenza…
R.:
Sì! E quindi io sono nettamente favorevole
all’anticipazione della soglia di punibilità che eliminai
problemi giuridici e vieta il fenomeno in quanto tale. Così
addirittura si annulla in radice l’effetto. Se ci fosse un
controllo tecnico a monte, generalizzato (e si può fare
perché il messaggio è accertabile tecnicamente) il
fenomeno non si realizzerebbe se non in via illegale,
clandestina.
D.:
Lei crede che sia possibile annullare un contratto
viziato dall’emissione di un messaggio subliminale?
R.:
Certamente, perché se io assumo un contratto con la
consapevolezza del messaggio subliminale, il contatto stesso
è assunto in violazione di legge. Quindi non è lecita la
forma, non è lecita la causa, è violazione di legge…
D.:
Né, errore, né dolo, ma violenza
R.:
Violenza psichica a tutti gli effetti.
D.:
Buona sostanza lei dice che in virtù del rispetto di
valori preminenti rispetto alla libertà di manifestazione
del pensiero, è possibile proibire l’uso di tecniche
subliminali per rispetto alla salute, o meglio alla psiche,
in cui questa è compresa.
R.:
Sì.
D.:
Lei dice “proibire indebite forme di influenza nei
processi decisionali”… “anche nella pubblicità che
deve essere palese veritiera e corretta”, cito
testualmente dal libro di G. Cosco. Ma come si fa a proibire
l'uso di tecniche subliminali là dove non vi è un aspetto
di fondo di tipo commerciale. Ad esempio nel contesto di
sforzi tesi a dare orientamenti di tipo politico.
R.:
Bisognerebbe solo generalizzare il divieto.
D.:
Ecco, allora lei conviene che non si tratta di un
ambito prettamente mediatico, ma che attiene anche a
condotte in supermercati o luoghi di lavoro in genere.
Secondo lei quali sono, nei codici, civile e penale, i
frammenti legislativi cui far riferimento per risalire le
responsabilità di un’eventuale violazione? Le ricordo che
in una trasmissione di tipo subliminale abbiamo un’agenzia
pubblicitaria che confeziona, mettiamo, lo spot incriminato,
il soggetto committente e l’emittente radiotelevisiva che
trasmette lo spot. vengono tutti coinvolti nell’atto
illecito?
R.:
Allora, abbiamo la normativa speciale che prevede il
divieto. Quindi la tutela attraverso il Garante e l’art.
700 c.p.c. funzionano come tutela immediata. A livello
generale civile non possiamo fare altro che ricondurci
all’illecito extra contrattuale con la problematica della
condotta e dell’evento.
D.:
Cosa intende per extra contrattuale?
R.:
Responsabilità extra contrattuale cioè… neminem
ledere. Art. 2043, qualsiasi atto che cagiona un male
ingiusto è punito patrimonialmente. Trattandosi di civile
trattiamo di risarcimento patrimoniale. L’atto è dannoso,
pericoloso perché lo dice la legge, che lo vieta. Il
problema è il danno ingiusto. Ritorniamo al problema su
come si dimostra il danno ingiusto. Se si riesce a
dimostrare – subisco un danno! – ho la tutela
patrimoniale. In sede penale abbiamo lo scoglio della
tipicità dell’illecito. Un fatto intanto è reato in
quanto è previsto espressamente. O ci rifuggiamo nelle
tradizionali categorie – l’art. 613 (violenza privata) o
l’art.610 …
D.:
Dal l’art. 610 all’art. 613 son tutti importanti?
R.:
E’ quella la materia, al di fuori di quella non
c’è altro, perché anche la salute pubblica è tutelata
in relazione alle epidemie, in relazione ai fatti materiali,
cioè tutto ciò che produce danno fisico, ma un reato che
tutela l’incolumità pubblica non esiste, e se non esiste
non possiamo inventarlo.
D.:
…e non possiamo punirlo.
R.:
Non possiamo punirlo perché non c’è.
D.:
Quindi, penalmente è un problema
R.:
Bisogna modernizzare la legislazione. Introdurre a
monte la tutela della persona, ed introdurre la fattispecie
di condizionamento psichico che può indurre determinati
comportamenti. La dove il messaggio subliminale può
funzionare come istigazione, addirittura a tenere una
condotta illecita. Omicidi, suicidi.
D.:
Queste tipologie di trasmissioni sono espressamente
previste.
R.:
In civile è molto più facile: la responsabilità è
dei padroni e dei committenti
D.:
E’ punibile, quindi anche la rete che trasmette un
messaggio omettendo un controllo sull’0eventuale
subliminalità del contenuto?
R.:
Non c’è dubbio. Sotto il profilo dell’omesso
controllo, sì. Perché qualsiasi fatto dolo o colposo.
Quindi se ho l’obbligo del controllo, e non l’ho
realizzato, perciò stesso, concorro alle stesse
responsabilità
D.:
In giurisprudenza hanno peso anche usi e
consuetudini. Nel momento in cui le legislazioni sono
carenti per qualche motivi, i giudici si possono rifare ad
essere per emettere una sentenza giusta ed equilibrata. Nel
momento in cui una trasmissione viene fatta e si scopre che
ha tratti subliminali l’emittente che viene citata in
giudizio per la violazione di questa legge, può addurre
come giustificazione il fatto che nessuna rete effettua il
tipo di controlli che permetterebbe di scoprire tecniche
subliminali?
R.:
Quindi il fatto che nessuno fa questo tipo di
controlli, dovrebbe esonerarmi dalla responsabilità.
D.:
Esattamente
R.:
Non esiste una regola del genere. Lei dice: non sarei
punibile perché si presuppone una buona fede generale.
Invece il principio di buona fede è superato dal principio
di responsabilità. E nel momento in cui individuo un caso
opero secondo il principio di responsabilità. E la mia
responsabilità non è esonerata per il fatto che il
controllo non è generalizzato o per il fatto che non sono
stati punti altri che hanno combinato lo stesso pasticcio
D.:
Quindi lei dice che l’ignoranza o la consuetudine
di ignorare il problema non è una scusante.
R.:
No.
D.:
Potrebbe almeno costituire un’attenuante?
R.:
Potrebbe. Ma un’esimente sicuramente no.
L’esimente opera se ed in quanto ci sia un interesse
superiore che giustifica il pregiudizio (legittima difesa,
stato di necessità…) e non mi sembra che ricorra nessuno
di questi casi. Anche in civile. Sono categorie generali.
D.:
Considerando le carenze dell’attuale legislazione
in materia di messaggi subliminali, lei come codificherebbe
una legge esaustiva del problema? Quali sono i principi cui
lei s’ispirerebbe?
R.:
Nella maniera più semplice: estendendo il divieto.
“QUALSIASI MESSAGGIO SUBLIMINALE E’ VIETATO” Il
principio è la tutela della persona.
D.:
Anche al di fuori dell’ambito strettamente
massmediale?
R.:
Al di fuori.
D.:
In pratica un vero e proprio articolo del codice
civile.
R.:
Civile ed anche penale. Si tratta della tutela della
persona.
D.:
Secondo lei un organismo di controllo come dovrebbe
essere strutturato e quali poteri dovrebbe avere?
R.:
Bisognerebbe controllare qualsiasi manifestazione del
pensiero di massa. Come si realizza il controllo è un
problema. C’è già un controllo in materia commerciale.
C’è il controllo in materia radiotelevisiva, (o almeno
dovrebbe).Sono le forme più massificate, quindi perché non
generalizzare, non massificarle?
D.:
Le chiedo: nello sport un problema simile è stato
risolto col sistema del campionamento casuale; si
sorteggiano degli atleti, si prelevano campioni di sangue o
altre sostanze. E si effettuano una serie di analisi, le cui
metodologie sono giuridicamente nei ruoli e nei passaggi e,
ove si riscontrino dei valori anomali, si procede con
l’azione disciplinare. Ritiene praticabile una simile
procedura?
R.:
Se ho capito non si tratterebbe di controllare gli
effetti del prodotto ma di controllare gli effetti del
producente… Sì è possibile. Sarebbe anche necessaria.
D.:
Sono d’accordo con lei. Ritiene questa via
normativa giurisprudenzialmente valida?
R.:
La ragione del divieto va al di là della materia
pubblicitaria e radio televisiva. E’ un ragione generale.
Si tratterebbe solo di estendere il divieto.
D.:
Quindi è giuridicamente possibile.
R.:
E’ possibile legislativamente.
Giurisprudenzialmente è più problematico. A fronte del
divieto deve esistere una sanzione, e siccome il carattere
sanzionatorio deve essere conseguenza di un tipo, di una
fattispecie, non si può operare per, mettiamo,
un’analogia. Io devo essere sempre consapevole
dell’illecito che commetto, anche in civile, per poter
essere punito.
D.:
D’altra parte la possibilità di codificare
accidentalmente un messaggio subliminale è piuttosto
remota.
R.:
No, i messaggi subliminali sono programmati. Hanno in
sé lo scopo. C’è il dolo nella programmazione.
D.:
Capisco, ma qui c’è un nodo. Le faccio un esempio:
nel lavoro Miserere” di Zucchero c’è una frase
incriminata
(omissis) che contiene un effetto backmasking.
L’interpretazione può risultare un po’ ambigua. Come si
supera questa empasse?
R.:
La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente:
quest’effetto che si coglie è spontaneo o viene
costruito? Nel secondo caso si procede normalmente con le
eventuali sanzioni. Nel primo caso credo che ci si debba
ricondurre al senso comune, anzi al buon senso comune. Nel
caso che lei mi pone io, come giudice, non ci crederei (alla
casualità dell’effetto, quindi alla innocenza de la
cantante, N.d.A.). Comunque possiamo appoggiarci al
contesto. Se siamo in presenza di qualcosa di qualcosa di
troppo equivoco, allora… No, direi che non si può
procedere. Il dubbio resta dubbio.
D.:
Lei conviene che qualora il contenuto di messaggi
subliminali riguardi ambiti punibili, o perché trattanti
oscenità o istiganti al reato, ci si trovi di fronte a casi
di per sé punibili doppiamente, e se sì, quale legge
applicherebbe?
R.:
Certo, violano due volte. Ma non posso decidere tra
due leggi, una delle quali non esiste. Tornando al caso di
Zucchero, nel capire l’illiceità il giudice non bada solo
al contenuto, ma bada enormemente anche al contesto.
Utilizziamo questi indizi: la chiarezza del messaggio, il
tipo di parole usate, la normalità con cui queste parole
costituiscono messaggi subliminali.
D.:
Si riferisce alle varie tecniche…?
R.:
Tutte le varie tecniche di trasmissione e tutte le
tipologie di messaggi subliminali. Sono dati tutti questi
che aiutano ad interpretare in un senso o nell’altro anche
questo fenomeno.
D.:
Sì.
R.:
Non è un caso innocente che capite, ma avrà dei
casi precedenti specifici.
D.:
Lei nello scritto di G. Cosco, da una definizione del
fenomeno, la chiama “aggressione insidiosa alla
coscienza”.
R.:
Questa è l’espressione che secondo me
concettualizza giuridicamente il fenomeno. Quasi la
intitolazione della fattispecie generale punitiva. Perché
io aggiro insidiosamente la coscienza, realizzo un contenuto
conoscitivo, senza che la coscienza se accorga. Ecco
l’insidia. Ed è una visione orientata perché già a
monte il messaggio è fatto per questo scopo. Il fenomeno in
sé (la condotta pericolosa), quindi, non pone problemi di
intenzionalità, perché deve essere per forza costruito.
D.:
Ritiene che la sentenza in di incostituzionalità del
reato di plagio sia in qualche modo ostativa nei confronti
di una normativa efficace sul subliminale?
R.:
Chiariamo, il fenomeno del plagio per la abolizione
normativa. Tutti gli studiosi erano d’accordo perché si
trattava di una norma che non si riusciva a dimostrare in
concreto. Non è stato però questo il motivo per cui la
norma è stasata dichiarata incostituzionale. Ma per difetto
di tassatività, cioè una mancata specificazione nella
descrizione del fatto. Teniamo presente che è una sentenza
di tanti anni fa. Non si parlava ancora di danno biologico,
non si parlava ancora di danno psichico. Va inquadrata pure
nel tempo in cui è stata emessa. Tant’è vero che Flick
ed altri studiosi sono dell’idea che la norma, meglio
strutturata, vada reintrodotta. Perché abolita la
previsione normativa non vuol dire che il fenomeno in
concreto non esista. O che sia lecito.
D.:
Si può dire che la fattispecie sia stata fatta
rientrare nel reato di riduzione in schiavitù?
R.:
C’è a riguardo una fondamentale differenza. La
schiavitù realizza una privazione di libertà fisica. Il
nostro ambito riguarda la libertà psichica. C’è
differenza: il condizionamento fisico è una cosa, e il
condizionamento mentale è tutt’altra cosa.
D.:
A riguardo della pubblicità ingannevole, ritiene che
l’attuale normativa costituisca un serio baluardo contro
la pervasività dei messaggi subliminali?
R.:
Se il controllo è a monte, sì. Perché il divieto
è generalizzato.
D.:
Il termine ingannevole, giuridicamente, cosa
identifica?
R.:
Purtroppo anche il diritto è un fenomeno culturale.
Il diritto si basa su parole. Ogni parola ha un ambito
semantico mai perfettamente limitato. Lo sappiamo benissimo:
se io uso la parola incendio non so fino a che punto un
fuoco, di quale mole o quantità, si possa qualificare
incendio. Anche le espressioni più banali, come
l’ingiuria al nord "terrone", possono essere
suscettibili di interpretazioni. Ogni parola ha una ambito
operativo. Anche le parole più semplici nascondono un
margine al limite di operatività. Cosa vuol dire la parola
ingannevole? Sembra facile. Ogni parola ha il suo
significato da comprendere, che poi è immateriale. Quello
che sta dietro la parola. Ogni parola è elastica: si
applica in relazione alle esigenze che limitano la materia.
Inganno. Ingannevole è l’aggettivo ed inganno è il
sostantivo. Se pensiamo un’attimo… Cos’è l’inganno?
L’artificio ed il raggiro. Il raggiro significa usare
parole diverse dalla realtà. L’artificio significa
operare sulla realtà materiale in modo che una persona sia
ingannata. Quindi l’inganno può essere di due tipo:
verbale o reale, materiale. Il messaggio subliminale, così
come strutturato, non è un artificio? E allora è allora è
automaticamente ingannevole.
D.:
A quanto ho capito vi è una doppia interpretazione
di ingannevole. Un tipo di pubblicità subliminale
ingannevole potrebbe ingannare, scusi il gioco di parole,
qualora associasse una soddisfazione di tipo sessuale al
godimento di un prodotto.
Nel in cui il Messaggio subliminale contenga in sé un
messaggio estremamente eterogeneo, estraneo rispetto al
contenuto palese, semanticamente estraneo all’universo in
cui il prodotto s’inscrive. Voglio dire non che inganno su
quel prodotto ma che parli di tutt’altro…
R.:
In cui il messaggio subliminale non è pertinente al
messaggio palese, dice…
D.:
C’è ancora un ostacolo ulteriore. Io vedo una
pubblicità sono consapevole di vedere un messaggio
congegnato per farmi assumere un comportamento. Quindi la
mia coscienza critica è allertata, però dal punto di vista
commerciale, che fa di me un consumatore. Nel momento in cui
c’è un messaggio ‘altro’ semanticamente differente,
io non sono preparato per affrontate il messaggio nascosto.
La pubblicità ingannevole in questo secondo caso…
R.:
E’ sempre subliminale?
D.:
Sì, lo è ma la disciplina in materia basta a
proibire il fenomeno?
R.:
Sì! E perché no?
D.:
Ma perché il contenuto del messaggio subliminale non
riguarda il prodotto.
R.:
E non ha importanza. Se è idonea comunque a
condizionare la psiche e a realizzare un determinato
comportamento distorto non rientra ugualmente nel fenomeno?
Cioè la legge richiede che il messaggio subliminale sia
pertinente? Non lo richiede.
D.:
Visto che bisognerebbe proibirlo apriori…
R.:
Appunto!
D.:
Ma allora non siamo nel campo specifico della
pubblicità ingannevole. Perché la legge è congegnata in
modo da evitare qualsiasi comportamento che possa indurre in
errore i consumatori. Ora vediamo bene: i consumatori!
R.:
Ho capito allora il problema si sposta. Cioè se
esiste un tipo di tutela che sia delimitata dalla materia e
quindi dallo scopo della tutela
D.:
Esatto
R.:
Questo è il punto. Allora la norma va letta così in
maniera restrittiva : il messaggio subliminale è vietato
perché la pubblicità ingannevole mira a distorcere il
consumatore e quindi a far acquistare un prodotto. Quindi
c’è…
D.:
C’è uno scopo palese, fattuale, chiaro! Nel
momento in cui questi presupposti non sussistono , cioè che
non sia il consumatore il bersaglio ma , mettiamo , un
potenziale elettore. Nel momento in cui io inserisco un
messaggio subliminale di tipo politico in uno spot
pubblicitario particolarmente bello e perciò
particolarmente pervasivo , siamo ancora nel campo della
pubblicità ingannevole?
R.:
No, esulerebbe dalla competenza del Garante in
materia pubblicitaria. In tal caso va chiarita la norma.
D.:
Nel caso che le propongo, il consumatore e
l’elettore potranno anche coincidere, ma si tratta di un
fatto casuale e non necessariamente utile all’ideatore del
messaggio…
R.:
L’osservazione è giusta, è pertinente. In effetti
la norma, il divieto, si inserisce in una normativa di più
ampio respiro. Che tutela i consumatori, attualmente. Allora
bisognerebbe allargare il divieto necessariamente sul piano
legislativo. Perché del consumatore, perché il Garante
interviene a tutela del consumatore. Nel caso che lei mi
pone io sono ingannato in quanto elettore. Il consumatore
non c’entra niente, quindi non merito il tipo di tutela
che la legge appronta. Ed è allora che vi è un difetto di
legislazione nella sua specificità e specialità.
D.:
Bisognerebbe rifare la legge ex novo?
R.:
Generalizzandola. Bisognerebbe ricorrere alla legge,
a questo punto. La legge sulla stampa. C’è la
responsabilità di chi realizza lo stampato, c’è la
responsabilità dell’editore, del proprietario, ed è
prevista. Perché non prevederla anche qui?Così eliminiamo
il dubbio, eliminiamo il problema
D.:
Come ci comportiamo nel caso le responsabilità si
riscontrino in organizzazioni differenti?
R.:
Anche qui bisognerebbe specificare la legge.
D.:
Un’altra lacuna?
R.:
Sì. Senz’altro. Le lacune è meglio eliminarle.Cioè
non bisogna spostare sulla giurisprudenza un problema che
invece è legislativo. Quanto più la legge si sforza di
essere chiara, tanto meglio il giudice la applica. Non
lasciamo margine di dubbio o di errore sulla fase
applicativa
D.:
Grazie.
R.:
Grazie a lei.
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