INTERVISTA AL GIUDICE ANTONIO BAUDI.

 

Uomo ironico, dai modi pacati e dal buon gusto nel vestire, il Giudice Baudi è risultato preziosissimo per discrticare alcuni nodi prettamente giurisprudenziali. Il suo contributo a questo lavoro, il più corposo dal punto di vista quantitativo, è stato la conferma della tesi che qui si sostiene, ed ha più volte rimarcato la insufficienza delle norme vigenti in materia.
D.:   Lei è a conoscenza della normativa che in questo momento regola il sistema radiotelevisivo?  
R.:    
D.:   Conosce, nello specifico quella parte, art. 10, comma 3, che concerne il divieto di trasmissioni dei messaggi subliminali?  
R.:   Sì, l’ho richiamato anche nella pubblicazione, (Esoterismi del XX secolo, ed. segno di G. Cosco)  
D.:   Ritiene che sia esaustivo del problema?  
R.:   Non è esaustivo ma è un punto di partenza necessario. S’ispira alla normativa europea, che intende attuare.  
D.:   Il problema sollevato con i messaggi subliminali è giustificato nell’ambito della tutela della vita o attiene squisitamente, in quanto comunicazione, al campo della libertà di manifestazione del pensiero?  
R.:   Non è circoscritto soltanto alla libertà di manifestazione del pensiero. Investe, secondo me, il campo della salute.  
D.:   Secondo lei, quindi ci sono gli estremi per agganciare (la legislazione, N.d.A.) ad un valore superiore alla libertà di manifestazione del pensiero?  
R.:   Sì. Non soltanto un problema di pubblicità di correttezza di comunicazione in senso ampio, quindi di messaggio in quanto tale. Il divieto trascende la radiotelevisione, trascende la pubblicità.  
D.:     Nell’attuale normativa ritiene si possa riconoscere il carattere di nocività del messaggio subliminale, indipendentemente dal carattere del contenuto?  
R.:    Vorrei chiarire un aspetto fondamentale dei messaggi subliminali. Ci possono essere dei messaggi di questo tipo (che però in realtà hanno importanti differenze) ad effetto benefico, ad esempio nei riguardi di persone in stato d’incoscienza, in coma di terzo grado. L’uso di parole, magari con la voce della madre, può richiamare alla vita. Ma uso questo parallelismo soltanto per capire che non è un fenomeno analogo. Perché questo tipo di messaggi non sono subliminali, se non nell’effetto. Dimostrano che anche se la coscienza non c’è le parole, il messaggio arriva a bersaglio. Però, in radice non è un messaggio subliminale. E’ un messaggio che ha uno scopo benefico, ma che è tale nel mezzo. Perché non è nascosto: è esplicito.  
D.:    (dopo un veloce riassunto dei punti fondamentali dell’impalcatura logica della tesi) Cosa pensa dell’ossatura della tesi? Ritiene possa avere il crisma della validità?  
R.:   Stiamo parlando di eventi. Di eventi particolari. Di eventi che condizionano determinati comportamenti. Che orientano l’agire. E che però orientano l’agire in quanto condizionano la psiche. Quindi dobbiamo distinguere un risultato psichico dal comportamento indotto che ne deriva. Andiamo a monte: abbiamo di fronte un evento, dicevo. Qual è la causa di questo evento? Il messaggio subliminale. E’ un comportamento pericoloso: ci sono almeno due riferimenti normativi a riguardo: la legge sulle televisioni e la legge sulla pubblicità ingannevole. Che in pratica recepiscono in Italia quello che è ormai un dettato europeo. Probabilmente l’hanno recepito senza nemmeno approfondire gli aspetti…  
D.:     Io credo che non abbiano nemmeno discusso in Parlamento il problema: la forma stessa della frase non lascia dubbi.  
R.:     Esatto: è stato riprodotto il testo europeo. Allora diciamo a che a livello legislativo esistono due input in materia speciale, radiotelevisione e pubblicità, che vietano la condotta in sé, a prescindere dal risultato, quasi che il risultato sia assorbito nella pericolosità. In senso giuridico si definisce un’anticipazione della soglia di punibilità. Per cui l’evento, anziché essere individuato nel tipo, viene considerato in re ipso, non viene nemmeno descritto nel tipo, si da per scontato che sia un evento negativo, e si punisce la condotta in sé, in quanto pericolosa.  
D.:    Intende il reato di istigazione ad agire?  
R.:     
D.:    Anche nel caso il tipo di istigazione non induca a comportamenti sanzionabili civilmente e/o penalmente?  
R.:     Questo è un altro problema. Bisognerebbe vedere il contenuto. Perché la ratio del divieto potrebbe essere un contenuto lecito, al limite. Ma a che fine usare il mezzo criptico, quando poi la trasmissione palese ottiene lo stesso effetto? Se il mezzo è lecito ed il risultato è benevolo, perché deve essere (usato il mezzo, N.d.A.) vietato?  
D.:    A riguardo potrebbe esserci l’intenzione di inoculare il messaggio affinché il destinatario non osteggi aprioristicamente ogni informazione che proviene dalla stessa fonte. Il tutto fatto con le migliori intenzioni…  
R.:    Certamente, possiamo pensare, riguardo all’effetto benevolo, che comunque sia lesa la persona che ottiene un effetto senza rendersene conto. Cioè il rispetto della coscienza. E’ un valore di fondo: io debbo rendermi conto anche del bene  
D.:    Nel rispetto del libero arbitrio.  
R.:   Sono libero anche di non fare il bene ma devo accettarlo criticamente. Perché superare la soglia del controllo critico rispetto anche all’effetto benefico? Però io ritengo che alla base debba esserci sempre una soglia preventiva per gli effetti malevoli, che giustifica il divieto (di messaggi subliminali, N.d.A.).  
D.:   Secondo il suo parere è qui che va posto l’accento? Sulle conseguenze per la salute?  
R.:   Comunque riguarda il tipo di effetti. Scavalca quella che può essere la nocività del messaggio in quanto tale. Cioè non è il problema formale: si vieta la pubblicità subliminale perché ingannevole, perché si viola la trasparenza. Penso che ci sia un effetto nocivo sostanziale. Il divieto nasconda la violazione di interessi di matrice sostanziale. Non è tanto un problema di trasparenza. E’ un problema di condizionamento della mente. In sé negativa.  
D.:   E quindi di violazione del rispetto della psiche, come lei diceva. La psiche è tutelata nell’ambito del rispetto della vita. Rientra in questo complesso supremo di valori.  
R.:   I valori individuali non sono tali perché spettano all’individuo. Sono i massimi valori generali. A cui l’individuo stesso non può rinunciare. E’ quindi generale il rispetto della vita, il rispetto della persona in quanto tale. E tant’è che si travolge il nostro codice. Il nostro codice tutela i beni personali nell’ultima parte. Si capovolge il discorso. La riforma del codice penale intende tutelare la persona innanzi tutto. Come primo valore, la persona è alla base della società, alla base dello stato. Il valore vita  
D.:   E il valore salute?  
R.:   Il valore vita è supremo, subito dopo, il valore salute.  
D.:   E subito dopo il valore della libertà di espressione del pensiero.  
R.:   Esistono dei valori costituzionali, ma non tutti i valori costituzionali sono sullo stesso piano. La possibilità di esternare liberamente il proprio pensiero è subordinata ad altri valori, ad esso preminenti.  
D.:   Quindi ci troviamo di fronte a due possibilità. O esiste una gerarchia dei valori costituzionalmente protetti, oppure alcuni sono preminenti rispetto ad altri. In questo secondo caso può esservi una sorta di conflittualità[1].Nel caso di una gerarchia, il problema di proibire una determinata manifestazione del pensiero può incontrare degli ostacoli nel momento in cui non è provata sufficientemente la nocività di questi messaggi?  
R.:   Innanzi tutto la normativa c’è. Allora dovremmo porre il problema sotto duplice profilo. Qual è stata l’intenzione del legislatore europeo, nel momento in cui a posto questo divieto.  
D.:   Il legislatore europeo ha proibito la pubblicità subliminale. La norma italiana ha poi inteso tale divieto in senso estensivo  
R.:   D’accordo, sia pure delimitando il fenomeno. Però la radice sta nella subliminalità. Nel divieto di ciò che è subliminale. Può anche essere la materia pubblicitaria che delimita la condizione, ma il fenomeno resta generale. Anche se il divieto è legato ad aspetti economici e commerciali. Però il problema è di ordine generale, e bisogna capire, quindi, la ratio del legislatore e la base scientifica del fenomeno. Che è difficile, perché… come si riesce a comprendere il danno psichico. Pensiamo che il danno psichico si sta studiando solo da un ventennio. Perché stranamente noi siamo ancorati all’idea romana del diritto. E si dimentica che la persona umana ha una base immateriale. Il pensiero è immateriale, le manifestazioni del pensiero sono segni materiali. Ad esempio, io dico pane. Qui il pane non c’è ma intendo l’idea del pane. L’idea è immateriale, e di qualsiasi cosa posso dire questo. Si può pensare qualcosa che non esiste, si può pensare l’impensabile. Di fronte alla realtà immateriale, quindi al danno psichico, che è una categoria di recente individuazione, pensiamo che non si parlava di danno psichico se non al livello di danno morale La giurisprudenza costituzionale e ordinaria di recente hanno detto che sono due cose completamente diverse. Tant’è che il danno morale è tutelato nei limiti in cui scaturisce da un reato, il danno psichico c’è sempre. Tant’è che il danno morale è il danno transe unte, la sofferenza che deriva da un evento, come può essere la morte di un parente, il danno psichico, invece, ha delle tracce. E’ una patologia ben precisa. Conseguenza il danno morale ha una tutela limitata, che poi si patrimonializza nel risarcimento. E' un danno sicuramente di radice non patrimoniale. E' un danno morale, ma non è, non si identifica col danno psichico. E’ una cosa ben diversa. Il problema allora è: individuata la categoria del danno psichico, che è autonoma e c’è sempre, come quantificarlo, questo è il problema. Come misurare allora il danno psichico? Ogni altro argomento sulle conseguenze materiali, sui danni nella vita sentimentale o sessuale o lavorativa riguardano espressamente l’ambito della risarcibilità. Noi dobbiamo guardare la radice del problema, come misurare il danno psichico. Nella sua autonomia ci sono studi recenti di Jean Doon che esaminano proprio il prezzo della pazzia… Come si determina l’esistenza del danno psichico.  
D.:   E il nodo è proprio questo. Nel momento in cui non ci sono studi che individuano precisamente la lesività da parte di questo tipo di messaggi, come si fa a scavalcare il grosso handicap della incostituzionalità?  
R.:   Facciamo un esempio banale. Io utilizzo una minaccia. La minaccia viene percepita. La minaccia è punibile in sé, in quanto comportamento idoneo a provocare un male sicuro ed ingiusto. Non importa che il male minacciato si realizzi. Conta l’espressione del male minacciato. Perché è chiaro che la minaccia, anche se di pura condotta, realizza un evento psichico: non ha senso minacciare se il minacciato non percepisce[2].   
D.:    
R.:   La minaccia è tale in quanto venga percepita, quindi c’è sicuramente un evento psichico. Questo evento merita il risarcimento ed esiste. Come sia misurabile nessuno lo sa. Perché? Mi sono posto questo problema: perché? Tutto si riconduce alla condotta pericolosa. Si guarda all’idoneità dell’espressione minacciosa che potrebbe essere anche simbolica, anche un silenzio, anche uno sguardo (la cosiddetta minaccia larvata) e quindi si neutralizza l’evento nella condotta pericolosa. Sono andato alla ricerca di casi in cui ci sia un evento psichico che venga ritenuto rilevante nella fattispecie. Nella minaccia non c’è perché, abbiamo detto, si punisce la condotta minacciosa perché l’evento, il in re ipse è punito nell’ambito della minaccia: il 613 cod. civ.  
D.:   Addirittura in questo articolo si cita esplicitamente anche l’ipnosi.  
R.:   Anche l’ipnosi, giusto. In questo caso è individuato un evento: ridurre un soggetto in stato d’incapacità di intendere e di volere. Però è un evento macroscopico. Cioè un soggetto che prima era capace di intendere e di volere ad un certo punto non lo è più.  
D.:   Lei intende dire che è manifestamente individuabile.  
R.:   Ecco. Quindi abbiamo una radice espressiva, materiale, uno stato di incapacità che riusciamo a misurare perché ha una sua sintomatologia, una sua espressività. Addirittura macroscopica. E allora ecco il problema: noi non riusciamo mai a dimostrare i fenomeni psichici in sé, quindi nemmeno i danni psichici.  
D.:   Quindi si può dire che esiste un precedente in giurisprudenza?  
R.:   Ma è un problema generale che è sempre esistito. Come un giudice dimostra il dolo? Come dimostra la colpa? Non esiste accesso mentale tale da poter dimostrare direttamente l’esistenza del dolo, l’esistenza della colpa. Ogni giudice si è sempre comportato così. Coglie il dolo o la colpa dagli indizi. Cioè da segni esteriori. Il dolo omicidiario usa una carabina: se io do uno sputo ad una persona è chiaro che ‘sputo’ non è idoneo ‘uccidere’ perché la condotta non è idonea nemmeno a ledere. Quindi, dalla condotta esteriore (l’uso della minaccia ‘io ti ammazzo!’), l’uso del fucile, il bersaglio (la zona attinta) sono tutti indizi da cui desumiamo l’esistenza di un dolo. Abbiamo bisogno di dati materiali, di dati esteriori, da cui desumere l’esistenza di una situazione psichica. Perché non utilizzare lo stesso metodo per i danni di tipo psichico che provengono da messaggi subliminali? E’ difficile la prova perché è difficile inquadrare il fenomeno. Ma intanto la condotta già ce l’abbiamo, riusciamo ad individuarla tecnicamente. Se riusciamo a trovare le tracce materiali del comportamento indotto, attraverso le tracce materiali, indiziariamente possiamo risalire a quello che ci manca, al dato psichico.  
D.:   Quindi, questo lavoro di induzione è già accettato in giurisprudenza?  
R.:   Nella legge è un problema generale. L’anticipazione della soglia di punibilità neutralizza il problema dell’evento. Rispetto ai comportamenti indotti, non la neutralizza perché il comportamento è qualcosa in più. Ma se il comportamento indotto è omogeneo alla condotta pericolosa e contiene dei segni di trasformazione si può risalire all’evento, al danno, psichico. Se io riesco ad individuare una serie di consumatori che non hanno mai comprato un prodotto e… Il caso del Denim è un caso di pubblicità subliminale. Se riesco a dimostrare che il prodotto è acquistato in più da persona che non l’avrebbero comprato, noi troviamo tracce materiali di una situazione che altrimenti non ci sarebbe stata.  
D.:   Quindi, il lavoro di induzione della nocività di un messaggio subliminale è già strutturalmente contenuto in altri ambiti come la minaccia, la violenza…  
R.:   Sì! E quindi io sono nettamente favorevole all’anticipazione della soglia di punibilità che eliminai problemi giuridici e vieta il fenomeno in quanto tale. Così addirittura si annulla in radice l’effetto. Se ci fosse un controllo tecnico a monte, generalizzato (e si può fare perché il messaggio è accertabile tecnicamente) il fenomeno non si realizzerebbe se non in via illegale, clandestina.  
D.:   Lei crede che sia possibile annullare un contratto viziato dall’emissione di un messaggio subliminale?  
R.:   Certamente, perché se io assumo un contratto con la consapevolezza del messaggio subliminale, il contatto stesso è assunto in violazione di legge. Quindi non è lecita la forma, non è lecita la causa, è violazione di legge…  
D.:   Né, errore, né dolo, ma violenza  
R.:   Violenza psichica a tutti gli effetti.  
D.:   Buona sostanza lei dice che in virtù del rispetto di valori preminenti rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero, è possibile proibire l’uso di tecniche subliminali per rispetto alla salute, o meglio alla psiche, in cui questa è compresa.  
R.:   Sì.  
D.:   Lei dice “proibire indebite forme di influenza nei processi decisionali”… “anche nella pubblicità che deve essere palese veritiera e corretta”, cito testualmente dal libro di G. Cosco. Ma come si fa a proibire l'uso di tecniche subliminali là dove non vi è un aspetto di fondo di tipo commerciale. Ad esempio nel contesto di sforzi tesi a dare orientamenti di tipo politico[3].  
R.:   Bisognerebbe solo generalizzare il divieto.  
D.:   Ecco, allora lei conviene che non si tratta di un ambito prettamente mediatico, ma che attiene anche a condotte in supermercati o luoghi di lavoro in genere. Secondo lei quali sono, nei codici, civile e penale, i frammenti legislativi cui far riferimento per risalire le responsabilità di un’eventuale violazione? Le ricordo che in una trasmissione di tipo subliminale abbiamo un’agenzia pubblicitaria che confeziona, mettiamo, lo spot incriminato, il soggetto committente e l’emittente radiotelevisiva che trasmette lo spot. vengono tutti coinvolti nell’atto illecito?  
R.:   Allora, abbiamo la normativa speciale che prevede il divieto. Quindi la tutela attraverso il Garante e l’art. 700 c.p.c. funzionano come tutela immediata. A livello generale civile non possiamo fare altro che ricondurci all’illecito extra contrattuale con la problematica della condotta e dell’evento.  
D.:   Cosa intende per extra contrattuale?  
R.:   Responsabilità extra contrattuale cioè… neminem ledere. Art. 2043, qualsiasi atto che cagiona un male ingiusto è punito patrimonialmente. Trattandosi di civile trattiamo di risarcimento patrimoniale. L’atto è dannoso, pericoloso perché lo dice la legge, che lo vieta. Il problema è il danno ingiusto. Ritorniamo al problema su come si dimostra il danno ingiusto. Se si riesce a dimostrare – subisco un danno! – ho la tutela patrimoniale. In sede penale abbiamo lo scoglio della tipicità dell’illecito. Un fatto intanto è reato in quanto è previsto espressamente. O ci rifuggiamo nelle tradizionali categorie – l’art. 613 (violenza privata) o l’art.610 …  
D.:   Dal l’art. 610 all’art. 613 son tutti importanti?  
R.:   E’ quella la materia, al di fuori di quella non c’è altro, perché anche la salute pubblica è tutelata in relazione alle epidemie, in relazione ai fatti materiali, cioè tutto ciò che produce danno fisico, ma un reato che tutela l’incolumità pubblica non esiste, e se non esiste non possiamo inventarlo.  
D.:   …e non possiamo punirlo.  
R.:   Non possiamo punirlo perché non c’è.  
D.:   Quindi, penalmente è un problema  
R.:   Bisogna modernizzare la legislazione. Introdurre a monte la tutela della persona, ed introdurre la fattispecie di condizionamento psichico che può indurre determinati comportamenti. La dove il messaggio subliminale può funzionare come istigazione, addirittura a tenere una condotta illecita. Omicidi, suicidi.  
D.:   Queste tipologie di trasmissioni sono espressamente previste.  
R.:   In civile è molto più facile: la responsabilità è dei padroni e dei committenti  
D.:   E’ punibile, quindi anche la rete che trasmette un messaggio omettendo un controllo sull’0eventuale subliminalità del contenuto?  
R.:   Non c’è dubbio. Sotto il profilo dell’omesso controllo, sì. Perché qualsiasi fatto dolo o colposo. Quindi se ho l’obbligo del controllo, e non l’ho realizzato, perciò stesso, concorro alle stesse responsabilità  
D.:   In giurisprudenza hanno peso anche usi e consuetudini. Nel momento in cui le legislazioni sono carenti per qualche motivi, i giudici si possono rifare ad essere per emettere una sentenza giusta ed equilibrata. Nel momento in cui una trasmissione viene fatta e si scopre che ha tratti subliminali l’emittente che viene citata in giudizio per la violazione di questa legge, può addurre come giustificazione il fatto che nessuna rete effettua il tipo di controlli che permetterebbe di scoprire tecniche subliminali?  
R.:   Quindi il fatto che nessuno fa questo tipo di controlli, dovrebbe esonerarmi dalla responsabilità.  
D.:   Esattamente  
R.:   Non esiste una regola del genere. Lei dice: non sarei punibile perché si presuppone una buona fede generale. Invece il principio di buona fede è superato dal principio di responsabilità. E nel momento in cui individuo un caso opero secondo il principio di responsabilità. E la mia responsabilità non è esonerata per il fatto che il controllo non è generalizzato o per il fatto che non sono stati punti altri che hanno combinato lo stesso pasticcio  
D.:   Quindi lei dice che l’ignoranza o la consuetudine di ignorare il problema non è una scusante.  
R.:   No.  
D.:   Potrebbe almeno costituire un’attenuante?  
R.:   Potrebbe. Ma un’esimente sicuramente no. L’esimente opera se ed in quanto ci sia un interesse superiore che giustifica il pregiudizio (legittima difesa, stato di necessità…) e non mi sembra che ricorra nessuno di questi casi. Anche in civile. Sono categorie generali.  
D.:   Considerando le carenze dell’attuale legislazione in materia di messaggi subliminali, lei come codificherebbe una legge esaustiva del problema? Quali sono i principi cui lei s’ispirerebbe?  
R.:   Nella maniera più semplice: estendendo il divieto. “QUALSIASI MESSAGGIO SUBLIMINALE E’ VIETATO” Il principio è la tutela della persona.  
D.:   Anche al di fuori dell’ambito strettamente massmediale?  
R.:   Al di fuori.  
D.:   In pratica un vero e proprio articolo del codice civile.  
R.:   Civile ed anche penale. Si tratta della tutela della persona.  
D.:   Secondo lei un organismo di controllo come dovrebbe essere strutturato e quali poteri dovrebbe avere?  
R.:   Bisognerebbe controllare qualsiasi manifestazione del pensiero di massa. Come si realizza il controllo è un problema. C’è già un controllo in materia commerciale. C’è il controllo in materia radiotelevisiva, (o almeno dovrebbe).Sono le forme più massificate, quindi perché non generalizzare, non massificarle?  
D.:   Le chiedo: nello sport un problema simile è stato risolto col sistema del campionamento casuale; si sorteggiano degli atleti, si prelevano campioni di sangue o altre sostanze. E si effettuano una serie di analisi, le cui metodologie sono giuridicamente nei ruoli e nei passaggi e, ove si riscontrino dei valori anomali, si procede con l’azione disciplinare. Ritiene praticabile una simile procedura?  
R.:   Se ho capito non si tratterebbe di controllare gli effetti del prodotto ma di controllare gli effetti del producente… Sì è possibile. Sarebbe anche necessaria.  
D.:   Sono d’accordo con lei. Ritiene questa via normativa giurisprudenzialmente valida?  
R.:   La ragione del divieto va al di là della materia pubblicitaria e radio televisiva. E’ un ragione generale. Si tratterebbe solo di estendere il divieto.  
D.:         Quindi è giuridicamente possibile.  
R.:   E’ possibile legislativamente. Giurisprudenzialmente è più problematico. A fronte del divieto deve esistere una sanzione, e siccome il carattere sanzionatorio deve essere conseguenza di un tipo, di una fattispecie, non si può operare per, mettiamo, un’analogia. Io devo essere sempre consapevole dell’illecito che commetto, anche in civile, per poter essere punito.  
D.:   D’altra parte la possibilità di codificare accidentalmente un messaggio subliminale è piuttosto remota.  
R.:   No, i messaggi subliminali sono programmati. Hanno in sé lo scopo. C’è il dolo nella programmazione.
D.:   Capisco, ma qui c’è un nodo. Le faccio un esempio: nel lavoro Miserere” di Zucchero c’è una frase incriminata[4] (omissis) che contiene un effetto backmasking. L’interpretazione può risultare un po’ ambigua. Come si supera questa empasse?  
R.:   La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: quest’effetto che si coglie è spontaneo o viene costruito? Nel secondo caso si procede normalmente con le eventuali sanzioni. Nel primo caso credo che ci si debba ricondurre al senso comune, anzi al buon senso comune. Nel caso che lei mi pone io, come giudice, non ci crederei (alla casualità dell’effetto, quindi alla innocenza de la cantante, N.d.A.). Comunque possiamo appoggiarci al contesto. Se siamo in presenza di qualcosa di qualcosa di troppo equivoco, allora… No, direi che non si può procedere. Il dubbio resta dubbio.  
D.:   Lei conviene che qualora il contenuto di messaggi subliminali riguardi ambiti punibili, o perché trattanti oscenità o istiganti al reato, ci si trovi di fronte a casi di per sé punibili doppiamente, e se sì, quale legge applicherebbe?  
R.:   Certo, violano due volte. Ma non posso decidere tra due leggi, una delle quali non esiste. Tornando al caso di Zucchero, nel capire l’illiceità il giudice non bada solo al contenuto, ma bada enormemente anche al contesto. Utilizziamo questi indizi: la chiarezza del messaggio, il tipo di parole usate, la normalità con cui queste parole costituiscono messaggi subliminali.  
D.:   Si riferisce alle varie tecniche…?  
R.:   Tutte le varie tecniche di trasmissione e tutte le tipologie di messaggi subliminali. Sono dati tutti questi che aiutano ad interpretare in un senso o nell’altro anche questo fenomeno.  
D.:   Sì.  
R.:   Non è un caso innocente che capite, ma avrà dei casi precedenti specifici.  
D.:   Lei nello scritto di G. Cosco, da una definizione del fenomeno, la chiama “aggressione insidiosa alla coscienza”.  
R.:   Questa è l’espressione che secondo me concettualizza giuridicamente il fenomeno. Quasi la intitolazione della fattispecie generale punitiva. Perché io aggiro insidiosamente la coscienza, realizzo un contenuto conoscitivo, senza che la coscienza se accorga. Ecco l’insidia. Ed è una visione orientata perché già a monte il messaggio è fatto per questo scopo. Il fenomeno in sé (la condotta pericolosa), quindi, non pone problemi di intenzionalità, perché deve essere per forza costruito.  
D.:   Ritiene che la sentenza in di incostituzionalità del reato di plagio sia in qualche modo ostativa nei confronti di una normativa efficace sul subliminale?  
R.:   Chiariamo, il fenomeno del plagio per la abolizione normativa. Tutti gli studiosi erano d’accordo perché si trattava di una norma che non si riusciva a dimostrare in concreto. Non è stato però questo il motivo per cui la norma è stasata dichiarata incostituzionale. Ma per difetto di tassatività, cioè una mancata specificazione nella descrizione del fatto. Teniamo presente che è una sentenza di tanti anni fa. Non si parlava ancora di danno biologico, non si parlava ancora di danno psichico. Va inquadrata pure nel tempo in cui è stata emessa. Tant’è vero che Flick ed altri studiosi sono dell’idea che la norma, meglio strutturata, vada reintrodotta. Perché abolita la previsione normativa non vuol dire che il fenomeno in concreto non esista. O che sia lecito.  
D.:   Si può dire che la fattispecie sia stata fatta rientrare nel reato di riduzione in schiavitù?  
R.:   C’è a riguardo una fondamentale differenza. La schiavitù realizza una privazione di libertà fisica. Il nostro ambito riguarda la libertà psichica. C’è differenza: il condizionamento fisico è una cosa, e il condizionamento mentale è tutt’altra cosa.  
D.:   A riguardo della pubblicità ingannevole, ritiene che l’attuale normativa costituisca un serio baluardo contro la pervasività dei messaggi subliminali?  
R.:   Se il controllo è a monte, sì. Perché il divieto è generalizzato.  
D.:   Il termine ingannevole, giuridicamente, cosa identifica?  
R.:   Purtroppo anche il diritto è un fenomeno culturale. Il diritto si basa su parole. Ogni parola ha un ambito semantico mai perfettamente limitato. Lo sappiamo benissimo: se io uso la parola incendio non so fino a che punto un fuoco, di quale mole o quantità, si possa qualificare incendio. Anche le espressioni più banali, come l’ingiuria al nord "terrone", possono essere suscettibili di interpretazioni. Ogni parola ha una ambito operativo. Anche le parole più semplici nascondono un margine al limite di operatività. Cosa vuol dire la parola ingannevole? Sembra facile. Ogni parola ha il suo significato da comprendere, che poi è immateriale. Quello che sta dietro la parola. Ogni parola è elastica: si applica in relazione alle esigenze che limitano la materia. Inganno. Ingannevole è l’aggettivo ed inganno è il sostantivo. Se pensiamo un’attimo… Cos’è l’inganno? L’artificio ed il raggiro. Il raggiro significa usare parole diverse dalla realtà. L’artificio significa operare sulla realtà materiale in modo che una persona sia ingannata. Quindi l’inganno può essere di due tipo: verbale o reale, materiale. Il messaggio subliminale, così come strutturato, non è un artificio? E allora è allora è automaticamente ingannevole.  
D.:   A quanto ho capito vi è una doppia interpretazione di ingannevole. Un tipo di pubblicità subliminale ingannevole potrebbe ingannare, scusi il gioco di parole, qualora associasse una soddisfazione di tipo sessuale al godimento di un prodotto[5]. Nel in cui il Messaggio subliminale contenga in sé un messaggio estremamente eterogeneo, estraneo rispetto al contenuto palese, semanticamente estraneo all’universo in cui il prodotto s’inscrive. Voglio dire non che inganno su quel prodotto ma che parli di tutt’altro…  
R.:   In cui il messaggio subliminale non è pertinente al messaggio palese, dice…  
D.:   C’è ancora un ostacolo ulteriore. Io vedo una pubblicità sono consapevole di vedere un messaggio congegnato per farmi assumere un comportamento. Quindi la mia coscienza critica è allertata, però dal punto di vista commerciale, che fa di me un consumatore. Nel momento in cui c’è un messaggio ‘altro’ semanticamente differente, io non sono preparato per affrontate il messaggio nascosto. La pubblicità ingannevole in questo secondo caso…  
R.:   E’ sempre subliminale?  
D.:   Sì, lo è ma la disciplina in materia basta a proibire il fenomeno?  
R.:   Sì! E perché no?  
D.:   Ma perché il contenuto del messaggio subliminale non riguarda il prodotto.  
R.:   E non ha importanza. Se è idonea comunque a condizionare la psiche e a realizzare un determinato comportamento distorto non rientra ugualmente nel fenomeno? Cioè la legge richiede che il messaggio subliminale sia pertinente? Non lo richiede.  
D.:   Visto che bisognerebbe proibirlo apriori…  
R.:   Appunto!  
D.:   Ma allora non siamo nel campo specifico della pubblicità ingannevole. Perché la legge è congegnata in modo da evitare qualsiasi comportamento che possa indurre in errore i consumatori. Ora vediamo bene: i consumatori!  
R.:   Ho capito allora il problema si sposta. Cioè se esiste un tipo di tutela che sia delimitata dalla materia e quindi dallo scopo della tutela  
D.:   Esatto  
R.:   Questo è il punto. Allora la norma va letta così in maniera restrittiva : il messaggio subliminale è vietato perché la pubblicità ingannevole mira a distorcere il consumatore e quindi a far acquistare un prodotto. Quindi c’è…  
D.:   C’è uno scopo palese, fattuale, chiaro! Nel momento in cui questi presupposti non sussistono , cioè che non sia il consumatore il bersaglio ma , mettiamo , un potenziale elettore. Nel momento in cui io inserisco un messaggio subliminale di tipo politico in uno spot pubblicitario particolarmente bello e perciò particolarmente pervasivo , siamo ancora nel campo della pubblicità ingannevole?  
R.:   No, esulerebbe dalla competenza del Garante in materia pubblicitaria. In tal caso va chiarita la norma.  
D.:   Nel caso che le propongo, il consumatore e l’elettore potranno anche coincidere, ma si tratta di un fatto casuale e non necessariamente utile all’ideatore del messaggio…  
R.:   L’osservazione è giusta, è pertinente. In effetti la norma, il divieto, si inserisce in una normativa di più ampio respiro. Che tutela i consumatori, attualmente. Allora bisognerebbe allargare il divieto necessariamente sul piano legislativo. Perché del consumatore, perché il Garante interviene a tutela del consumatore. Nel caso che lei mi pone io sono ingannato in quanto elettore. Il consumatore non c’entra niente, quindi non merito il tipo di tutela che la legge appronta. Ed è allora che vi è un difetto di legislazione nella sua specificità e specialità.  
D.:   Bisognerebbe rifare la legge ex novo?  
R.:   Generalizzandola. Bisognerebbe ricorrere alla legge, a questo punto. La legge sulla stampa. C’è la responsabilità di chi realizza lo stampato, c’è la responsabilità dell’editore, del proprietario, ed è prevista. Perché non prevederla anche qui?Così eliminiamo il dubbio, eliminiamo il problema  
D.:   Come ci comportiamo nel caso le responsabilità si riscontrino in organizzazioni differenti?  
R.:   Anche qui bisognerebbe specificare la legge.  
D.:   Un’altra lacuna?  
R.:   Sì. Senz’altro. Le lacune è meglio eliminarle.Cioè non bisogna spostare sulla giurisprudenza un problema che invece è legislativo. Quanto più la legge si sforza di essere chiara, tanto meglio il giudice la applica. Non lasciamo margine di dubbio o di errore sulla fase applicativa  
D.:   Grazie.  
R.:   Grazie a lei.  


[1] In questo caso ci si rifà alla discrezione del giudicante, e ne abbiamo già parlato in altro punto, N.d.A.

[2] Anche se si pone la questione della minaccia nei confronti dei totalmente incapaci. Qualcuno afferma che sia anche quello reato, perché si punisce la minaccia in se. Problematica affrontata nell’ambito del delitto impossibile.

[3] Il precedente qui omesso tratta del logo di Antenne 2 e della faccia di Mitterrand nella “a”. Da aggiungere che fu rieletto e che stampo parlando di uno dei presidenti più politicamente longevi della Francia postgollista.  Nella testimonianza di P. Baroni.

[4] Il caso è la frase  “A volte la migliore musica è il silenzio, diciamo. Ascoltata al contrario si possono intendere le parole “hascish, eroina e droga”. Nda.

[5] Vedi il caso denim, purtroppo pur essendo un caso importante e alquanto istruttivo di flashing images non è stato possibili reperire informazioni a riguardo. Ne siamo vivamente spiacenti..

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